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Edipo e Amore in adolescenza
a cura di Sophie Spinoglio

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Era destino ch’io mi congiungessi a mia madre

 e mostrassi agli uomini una discendenza intollerabile a vedersi

e diventassi l’assassino del padre che mi aveva generato”.

Sofocle, Edipo Re, p.105

 

 

Il mito di Edipo ci commuove, dice Freud (1900), per il suo destino che, seppur lontano nei tempi, potrebbe oggi essere il nostro; così l’oracolo a noi tutti ha decretato la stessa maledizione prima della nascita: “non è forse destino di tutti noi rivolgere il nostro primo impulso sessuale verso nostra madre e il primo impulso d’odio e desiderio di assassinio verso nostro padre?” (ibidem, p. 587). Tali impulsi, secondo l’autore, anche se repressi, si possono ritrovare nelle profondità dell’inconscio, nei sogni; e in questo senso il mito ha valore di ammonimento: “Come Edipo viviamo nell’ignoranza di questi desideri, che ripugnano la morale, che ci sono stati imposti dalla natura”.

 

Per il bambino piccolo dunque la madre, che generosamente allatta, rappresenta prototipo di ogni relazione d’amore (Freud, 1905, Klein, 1969) e ogni bambino, crescendo e cercando, provando e riprovando, sul modello di questo suo primo e significativo rapporto d’amore, (ri)troverà, adolescente, un nuovo oggetto d’amore.

Se i bambini possono assumere nella loro tenera età, il genitore di sesso opposto come oggetto eroticamente investito, con il passare del tempo, che scorre fino alla pubertà, questi hanno potuto, con la formazione del Super-Io, erigere una barriera contro l’incesto, facendo proprie le prescrizioni morali che escludono espressamente dalla sua scelta d’oggetto i propri consanguinei (Freud, 1905)

 

Nel vivo del processo adolescenziale, le manifestazioni più vistose sono i cambiamenti del corpo, che è in grado di trasformarsi rapidamente provocando una profonda rielaborazione e riadattamento di investimenti e identificazioni; al risveglio del corpo sessuato si riattivano i desideri edipici e le “angosce di realizzazione incestuosa” (Schaeffer, 2007). “Alla pubertà <l’istinto> sessuale/sessuato avviene” (Gutton, 2015, p. 136), non si rimane all’acquietamento perseguito durante l’infanzia ma si inseguono, nella ricerca di complementarità e dell’altro, dell’altro sesso,  soddisfacimenti narcisistici e pulsionali (Laplanche, 2007).

Il giovane si trova dunque di fronte al lutto della rinuncia ai genitori edipici, da un lato, e al contempo spinto dal sessuale, inteso come pulsione di vita, ricerca di piacere e fonte di creatività (Gutton, 2015), verso qualcosa di nuovo e diverso, il mondo inesplorato, dolcissimo e terrificante, delle prime sperimentazioni amorose.

Lo sviluppo della sessualità spinge l’adolescente fuori dalla casa paterna per dirigersi simbolicamente verso l’autonomia, l’ignoto; questo può avvenire se si è in grado di affrancarsi interiormente dalle figure genitoriali e liberarsi della cosiddetta attitudine infantile (Jung, 1913).

 

Mead (1954) osservò come condizioni culturali e antropologiche influiscano sul processo di svincolo adolescenziale: quanto più l’adolescente fosse lasciato libero di esplorare, nei limiti della liceità, la propria sessualità, e fosse riconosciuto come tale, tanto meno travagliato e doloroso si configura questo periodo.

 

In adolescenza si assiste a un decisivo arricchimento della vita affettiva: i rapporti oggettuali assumono un ruolo centrale e i progressivi tentativi di separazione dagli oggetti d’amore dell’infanzia (i genitori) indicano la strada della rinuncia di questi come oggetti libidicamente investiti per arrivare, attraverso la “fase di ricerca dell’oggetto” alla scelta del proprio orientamento sessuale e alla scoperta di sé; tra una fase e l’altra intercorrono numerosi movimenti di natura oscillatoria, tra posizioni più regressive, di adiacenza agli oggetti edipici, e maggiormente evolute, di ricerca di nuovi oggetti d’amore, tali oscillazioni sono lente e dai confini sfumati (Blos, 1962).

In amore, si passa dalla posizione passiva dell’essere amati al ruolo attivo dell’amare, del dare, superando così “lo stadio narcisistico transitorio” che normalmente precede la scelta oggettuale, ossia di un nuovo oggetto d’amore; questo richiede un disinvestimento dell’oggetto genitoriale internalizzato che, da idealizzato viene sottovalutato, denigrato alla stregua dell’idolo caduto.

Tale stadio narcisistico, in cui avviene una sopravvalutazione del Sé al passo della svalutazione degli oggetti genitoriali, induce uno stato di fame di oggetti ed opera ai fini dello sviluppo progressivo (Blos, 1962; Freud, A., 1936).

 

 

Adolescenze femminili tra Edipo e Amore

 

Freud descrive la femminilità come un continente nero, dove le conoscenze divengono oscure e lacunose (Freud, 1924, 1932). Se nel maschio lo sviluppo sessuale segue, sul piano teorico, una certa linearità e il complesso edipico viene abbandonato per timore dell’evirazione, quello della bambina è reso possibile ed introdotto dal complesso  stesso di evirazione; nella bambina dunque viene meno il movente di distruzione del complesso edipico (1925). Le ipotesi circa il tramonto del complesso edipico nella femmina sono diverse: crollerebbe per effetto dell’insuccesso, andando incontro alle delusioni amorose, l’angoscia di evirazione equivarrebbe nella femmina alla minaccia di perdita dell’amore e l’invidia del pene si tramuterebbe in gelosia che preparerebbe al complesso edipico piuttosto che indurre ad accantonarlo, come avviene nel maschio (1924, 1925, 1932). Dunque la fanciulla sosterebbe in una dimensione edipica per un tempo indeterminato e tale complesso si demolirebbe solo più tardi e in modo incompleto (1932).

Con il sopraggiungere della pubertà le differenze tra sessi si fanno più marcate e, nelle ragazze, avviene una nuova ondata di rimozione, che le spinge a tralasciare la mascolinità infantile; possono nascere, in alcune ragazze, difficoltà a distaccarsi dall’autorità paterna accompagnate dal seguitare ad investirlo del proprio affetto “conservando il loro amore infantile ben oltre la pubertà” (1905). Queste ragazze, spaventate dalle richieste della propria natura sessuale sono, da un lato tentate dal realizzare nella vita l’ideale dell’amore sessuale, dall’altro di celare la loro libido nell’affetto verso i propri consanguinei, di cui sono innamorate; questo permette di esprimere la loro libido trattenendo il senso di colpa che altrimenti ne deriverebbe; in ogni caso è presente un’influenza degli oggetti d’amore infantili sulla vita libidica, nell’orientamento e nella guida della scelta oggettuale (Freud, 1905).
 

Secondo Jung (1913) i complessi di Edipo e di Elettra si complicano con il progredire dello sviluppo e possono diventare conflitti, paventare l’incesto e l’assassinio se non avviene, in epoca postpuberale, la separazione simbolica dalle figure genitoriali; il corso naturale tuttavia è quello in cui il familiare perde il suo “fascino imperioso” e lascia la libido libera di investire su nuovi oggetti.

Tuttavia prima di metterla in pratica la sessualità, molto rimane sul piano della fantasia, fantasie che inevitabilmente tornano ai panorami incestuosi dell’infanzia, tali fantasie sono però, rispetto all’infanzia, accompagnate da intense pressioni di natura somatica. Con il superamento di tali fantasie incestuose avviene uno dei più significativi e dolorosi episodi psichici, dice Freud (1905), del periodo puberale: il distacco dall’autorità dei genitori. In adolescenza meccanismi di diffidenza e ascetismo attaccano gli oggetti d’amore dell’infanzia, tra questi vi è il distacco dal Super-Io, vissuto come oggetto incestuoso perché investito della libido dell’amore genitoriale (tale distacco dal Super-Io provoca il pericolo di un incremento delle pulsioni e del rischio antisociale); nella prima adolescenza gli oggetti d’amore dell’infanzia, continua Anna Freud (1961), vengono rimossi e sostituiti da nuovi legami, che tuttavia non si configurano come relazioni oggettuali, quanto piuttosto assumono il carattere di primitive fissazioni affettive, di natura appassionata, ma hanno l’aspetto più dell’identificazione che della scelta di un nuovo oggetto d’amore. L’autrice descrive l’incostanza e la volubilità degli amori adolescenziali, che si susseguono con forti cariche di passione e idealizzazione ma che si concludono con altrettanta indifferenza e dimenticanza, per poi riprendere la giostra dell’amore, con un altro giro. In tal senso alcune adolescenti si possono paragonare, seguendo l’Autrice, alle personalità “come se”, descritte dalla Deutsch (1934; 1942), dove le cariche affettive sembrano più prese in prestito e utilizzate adesivamente che appartenere autenticamente al soggetto, e risultano prive delle potenzialità trasformative dell’amore. Grunberger(1964) sottolinea invece gli aspetti narcisistici della sessualità femminile che trascendono quelli oggettuali, a discapito talvolta della gratificazione sessuale stessa, che viene subordinata alla ricerca di gratificazioni narcisistiche; secondo l’autrice la bambina sceglierà sin dal principio il padre come ideale dell’Io (narcisistico) e come scelta libidica, al posto di una madre frustante dei suoi bisogni narcisistici. Questo favorirà l’instaurarsi di un amore idealizzato, per l’uomo (padre), che vedrà scisse le componenti libidiche ed aggressive in una dimensione di defusione pulsionale (Chasseguet-Smirgel; Grunberger,1964). A proposito di tale contrasto Klein (1969) evidenzia il conflitto tra sentimenti di amore e di odio come onnipresenti nelle relazioni interpersonali e mostra come la paura di perdere l’oggetto d’amore, per via della componente di odio intrinseca dell’amore, ed il senso di colpa ad esso connesso, siano dei passi importanti nello sviluppo dei sentimenti d’amore.

Nel descrivere le componenti di una felice relazione amorosa, l’autrice include alcune caratteristiche della relazione della figlia con il padre, come facenti parte della relazione amorosa adulta: una giovane donna, in una relazione amorosa soddisfacente, sente di poter prendere inconsciamente quello di cui un tempo godeva la madre, con suo marito, e che a lei era negato, ora può sentirsi pari alla madre, nel godere del suo stesso godimento sensuale ed affettivo, senza per questo danneggiarla o derubarla (Klein, 1969). In questo quadro emerge il valore della presenza dello sguardo del padre, nel quale la figlia adolescente, prima che in qualsiasi altro specchio, si guarda (Piccioli, 2007), che sia uno sguardo benevolo che sugelli la crescita valorizzandone gli aspetti corporei di femminilità e desiderabilità e che offra la possibilità di far riferimento, nel nuovo amore, agli aspetti del rapporto libido con il padre (Catarci, 2007).

 

Amore e rivoluzione

 

In adolescenza l’amore, inteso come la possibilità di un incontro con se stesso attraverso l’altro, è un incontro esotico, extrafamiliare, che si antepone all’endotico-familiare, incestuoso; offre così la possibilità di uscire dall’autoerotismo e dall’incesto, ma non del tutto: “l’altro che ci conduce lontano è spesso estraneo e familiare, è un oggetto esterno che assomiglia all’oggetto interno: ti aspettavo da sempre, ti ritrovo” (Corcos, 2015, p. 21).

L’amore si configura, in adolescenza, come qualcosa di radicalmente, rivoluzionariamente nuovo, pur poggiandosi su fondamenta antiche. L’innamoramento avviene quando il posto nel proprio interno è lasciato sfitto, disabitato dall’oggetto primario, ma di cui non se ne è cancellata traccia o ricordo, è un posto fertile, vivo, dove poter accogliere il nuovo, l’estraneo familiare, che prende il posto del primo, pur accogliendone la possibilità di scenderne a patti (Corcos, 2015).

 

“Nella relazione felice tra le persone adulte è ancora inconsciamente attivo il desiderio di possedere la propria madre, o il proprio padre, tutti per sé. Naturalmente la realtà non permetterebbe a nessuno di essere il marito della propria madre o la moglie del padre, e se fosse stato possibile dei sentimenti di colpa verso gli altri, avrebbero interferito con la gratificazione. Ma solo se si è stati capaci di sviluppare, nella fantasia inconscia, tali relazioni con i genitori, e se è stato possibile vincere in qualche misura i propri sentimenti di colpa legati a queste fantasie e distaccarsene gradualmente, rimanendo nello stesso tempo attaccati ai genitori, questi desideri possono essere trasferiti su altre persone, che allora stanno al posto degli oggetti desiderati nel passato, benché non siano identici”.

Klein, M., 1969, pp. 72-73

 

In tal senso la scelta dell’oggetto d’amore può significare una ri-creazione dell’esperienza affettiva primaria ma in modo più completo di quanto non fosse l’esperienza di allora.

Dunque affinché si possa approdare a un nuovo oggetto è importante che la rimozione dei sentimenti sessuali nei confronti del genitore di sesso opposto non sia troppo massiccia e che lo spostamento su un altro oggetto non sia troppo completo: se rimane disponibile una quota sufficiente di amore per il genitore, e non è stata troppo profondamente rimossa nella sua componente sessuale, è possibile in seguito rivivere tale amore e metterlo in gioco in modo creativo nella nuova relazione di coppia (Klein, 1969).

 

 

 

Glossario:

 

Oggetto - In psicoanalisi, oggetto designa ciò con cui un individuo (definito soggetto) è in rapporto; l’elemento fondamentale, quindi, della relazione che la persona intrattiene con l’altro o con ciò che percepisce come altro. L’oggetto è in genere specificato dagli aspetti della relazione che si intendono sottolineare: oggetto libidico, la meta di soddisfazione dei desideri.

 

 

Relazione o rapporto oggettuale - insieme di modalità affettive e cognitive di rapporto del soggetto col proprio mondo, sia interno che esterno, fin dalla primissima infanzia: tale modalità di rapporto è la conseguenza del complesso sviluppo della personalità.

 

Super-io - Istanza psichica che regola il comportamento e presiede alla coscienza morale. Sorge nel bambino attraverso identificazioni successive e stabili dell’Io con aspetti dei genitori e degli educatori, particolarmente del padre. Il Super-Io è l’erede del complesso di Edipo. Agisce incitando l’Io a difendersi in vario modo contro gli impulsi dell’Es, istanza pulsionale.

 

 

Complesso edipico - Nella teoria psicoanalitica di S. Freud, la situazione psicologica centrale del bambino, che sino a una certa età nutre sentimenti di amore per il genitore del sesso opposto e sentimenti di rivalità per quello del suo stesso sesso.

 

Libido – In latino significa desiderio e rappresenta, nella psicoanalisi classica, l’aspetto psichico della pulsione sessuale.

 

 

 

 

Bibliografia:

 

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